...va bene, non si tratta esattamente di questa biga.
Per quanto mi piacerebbe da matti provarne una, così come scarrozzare un paio d'ore su uno di quei cosetti adorabili usati come montacarichi nei magazzini.
Ma parliamo di altre bighe.
Tempo fa ricordo che sbigottii in faccia al mio panettiere, quando mi disse - scaravoltando una focaccia sul bancone con un colpo secco del polso - di avere nel retrobottega una madre di quarant'anni. Lì per lì, trattandosi d'un rubicondo ometto sui sessanta, pensai ad un disturbo bipolare, o ad una qualche forma di schizofrenia latente. Po'raccio.
Poi capii che parlava d'un tesoro: un lievito madre tramandato e nutrito da generazioni, una vita di bolle e spore con più anni delle sue figlie, un delicato ponfo di preziosa bellezza lasciato a farsi forte, ogni giorno di più, sulle scansie farinose d'uno stanzino sul retro.
Poi capii che parlava d'un tesoro: un lievito madre tramandato e nutrito da generazioni, una vita di bolle e spore con più anni delle sue figlie, un delicato ponfo di preziosa bellezza lasciato a farsi forte, ogni giorno di più, sulle scansie farinose d'uno stanzino sul retro.
Gli assegnai mille punti stima, uscii rinculando con un breve inchino, e mi ripromisi di approfondire la faccenda.
La pazienza è ciò che nell'uomo più somiglia al procedimento che la natura usa nelle sue creazioni - diceva Honoré de Balzac.
Io non ho pazienza, mai avuta un briciolo, ma da quando la natura mi si è installata addosso come un'applicazione e mi ha messo a conoscenza di quanto occorra per fare un essere umano, senza scorciatoie possibili, ecco. La pazienza ha fatto capolino anche in questa testolina di teak, e ne ho imparato i tempi, la lentezza, la bellezza.